Si parla molto di questi tempi di un'innovazione regolamentare che potrebbe stravolgere le abitudini degli allenatori circa la gestione delle risorse tecniche. E' opinione diffusa che se mai la stagione calcistica potesse riprendere, si darebbe la possibilità di effettuare cinque cambi rispetto all'undici di partenza, con l'aggiunta di un sesto nelle gare dove si arrivasse ai tempi supplementari. Sarebbe un'autentica rivoluzione, motivata con l'esigenza di garantire una giusta rotazione di giocatori in presenza di un calendario denso di impegni ravvicinati.
Un'opzione che porterebbe a un cambio di mentalità per i mister, che si troverebbero una più ampia scelta, una maggiore possibilità di correzione in corsa e – di conseguenza – una diversa strategia nella condotta di gara. Peraltro, non pochi di loro hanno già espresso nel recente passato il desiderio di intraprendere questa strada al di là dell'eccezionalità del momento che stiamo vivendo, in ragione di organici molto più ampi e di un gioco atleticamente più dispendioso rispetto al passato.
Del resto, il regolamento del calcio è andato incontro a diverse modifiche nel tempo. E per quante ce ne siano state – al pari di altri sport che hanno prodotto innovazioni strutturali (si pensi al tiro da 3 nel basket o al diverso modo di contare i punti nel volley), altrettante e anche di più sono state ipotizzate, proposte e discusse. Significativo, a tal proposito, è l'articolo di Ferruccio Berbenni su Hurrà Juventus nel maggio del 1967, a partire dal titolo: Ingrandiremo le porte?. Un pezzo che si propone di fare il punto sulle riforme in agenda partendo da una previsione circolante all'epoca (ma già respinta da tutti gli addetti ai lavori, non così apocalittici): “il calcio, isterilito nei risultati e impoverito nello spettacolo, avrebbe solo quaranta-cinquant'anni di vita ancora. Poi la fine”. Da qui l'esigenza di cambiamenti anche radicali, giustificati dalla clamorosa rarefazione di ciò che più appassionava gli spettatori: il gol. Pensate, nel 1952-53, la Serie A ne aveva ospitati 830, toccando quota 897 alla fine degli anni '50. Nel 1966-67, invece, si toccava il punto più basso con solo 613 reti: una differenza enorme, un vero e proprio abisso che imponeva una rapida sterzata.
la colpa e il rimedio
Perché il calcio si era andato progressivamente a inaridirsi? Colpa della tattica, secondo l'estensore dell'articolo che fa riflettere i tifosi bianconeri: “Non è più uso ma abuso”. Con la conseguenza di diminuire “l'interesse spettacolare del gioco perché si impedisce al giocatore di esprimere una sua personalità”.
Declinata la tesi, ecco il rimedio più immediato: ingrandire le porte a beneficio degli attaccanti. Con ragioni inerenti l'evoluzione fisica degli atleti: “Quando gli inglesi fissarono le dimensioni della porta, nel 1866, gli atleti correvano i 100 metri in 12", i 400 in 55" e in altezza salivano a metri 1,80. Oggi questi limiti sono stati aumentati del 20-25 per cento. Perché anche il portiere è oggi più atleta, bisogna aggiornare le misure della porta per mantenere la proporzione studiata nel 1866 dagli inglesi e fondatori”. Una soluzione non priva di fondamento scientifico, ma che non impedisce l'emersione paradossale dell'idea esattamente opposta (molto poco dibattuta, per la verità): “per rendere il gioco più offensivo, si dovrebbe restringere la porta”. Aumentando la difficoltà del gol, cioè, si avrebbero squadre più votate a cercarlo. Non abbiamo controprove perché tutto resterà immutato, anche se è vero che nel calcio a 5 – ma lo si può considerare una versione miniaturizzata del calcio a 11? - i punteggi sono più robusti...
altre idee innovative
Di fuorigioco si parla da tantissimo tempo e a cicli ricorrenti. Interessante è che nel 1967 se ne discuta prima che il calcio olandese lo proponga come un principio costitutivo di un'idea radicalmente diversa del gioco, facendolo diventare un'arma tattica. La soppressione viene vista come una via che “porterebbe a più numerose segnature ma anche a un notevole disordine nell'organizzazione del gioco, un ulteriore rinforzarsi delle difese. Sarebbe insomma un passo indietro, molta confusione, e il gioco risulterebbe non orchestra ma avventura”.
Più praticabile è aumentare il numero delle sostituzioni, ricordando che all'epoca si poteva cambiare solo il portiere in caso d'infortunio.
Infine, c'è anche lo spazio per una suggestione totalmente persa per strada: “allargare fino alle linee laterali l'area di rigore, aumentandone la superficie anche frontalmente. Sarebbe punito con il calcio di rigore anche un fallaccio commesso a trenta metri dalla porta”. Se mai fosse passata un'idea così “eversiva”, il calcio avrebbe cambiato totalmente la sua natura, diventando uno sport dalla correttezza estrema o dal numero abnorme di tiri dal dischetto (e ve le immaginate le polemiche conseguenti?). Neanche lo spirito dell'imminente '68 poteva arrivare a una soluzione calcisticamente così rivoluzionaria...