Gli è successo con il Milan. E con la Roma e la Juventus: è diventato l'allenatore delle squadre in cui ha giocato. «In effetti questa storia sembra una ruota che si muove in modo armonico»: Fabio Capello raccontò così nel 2004 il suo viaggio tra la capitale e la città della Mole, riproducendo quanto fatto 34 anni prima.
ROMA PER FABIO
1970: c'è un grande movimento di mercato sull'asse Roma-Juventus. In giallorosso vanno Luis Del Sol, Gianfranco Zigoni e Roberto Vieri. Con Fabio Capello, in bianconero arrivano Luciano Spinosi e Fausto Landini (con lui nella foto). A Hurrà Juventus il neoacquisto, che ha 24 anni e più di 100 presenze in Serie A, fa un accenno alla sua esperienza precedente, suggerendo che in quel contesto abbia un peso la superstizione, anche se lui ne è immune: «Poi sa, vivendo a Roma, qualcosa riescono ad instillarti; ma così, robetta di poco conto».
IL REGISTA
La Juve sceglie Capello per affidargli la responsabilità di dirigere la squadra in mezzo al campo, apprezzando il suo gioco essenziale e la sua attitudine geometrica. Numero 10, spiega così quale sia il significato del termine “regista”: «Diciamo cervello in campo, diciamo uomo che fa da raccordo fra attacco e difesa, che filtra insomma i palloni provenienti dalle retrovie, e li rielabora, puliti, per gli avanti; salvo portarsi egli stesso indietro o verso l'area avversaria e tentare il tiro a rete». Molti allenatori non avrebbero saputo spiegarlo meglio.
ELOGIO DEL DIALOGO
A proposito di mister. Quale tipo predilige, lui che poi passerà come un “duro” quando dal centro del campo passerà alla panchina? La risposta può sorprendere: «Io rendo il massimo sotto le cure di un allenatore che mi parli, che mi spieghi, che insomma non mi ignori dopo aver dato degli ordini categorici, sia pur, magari, giusti; un allenatore che accetti il dialogo, che non mi lasci, diciamo, isolato; che mi dica qualcosa, in bene o in male, ma non mi faccia il musone».
LA SECONDA VOLTA
Nel 2004 Fabio Capello arriva alla Juventus per espressa volontà di Umberto Agnelli. Ed è un evento che fa rumore perché è un allenatore che ha rappresentato in pieno la grande rivalità tra giallorossi e bianconeri, espressa ai massimi livelli, a contendersi gli scudetti in anni combattutissimi. Lui torna a Torino «convinto di aver fatto la scelta giusta: perché ad un certo punto della professione è legittimo cambiare ambiente». Il carattere ha acquisito determinazione dai tempi in cui giocava e diceva di non essere un estroverso. Adesso la definizione di sé è precisa, chiarissima, impegnativa: «Io sono un uomo che sente le sfide, che ha bisogno delle sfide per dare il meglio di sé. E quest'avventura nasce inevitabilmente come una sfida».
IL MISTER IN CAMPO
Lo si rivede in maglietta a strisce bianconere, Fabio Capello. Succede nella festa del primo dei suoi due scudetti. E più che un nostalgico omaggio al giocatore che è stato, a stabilire una linea tra epoche diverse, è un modo per partecipare pienamente allo spirito della squadra. Quasi a suggerire che se da regista è stato un allenatore in campo, da mister ha avuto la stessa tempra degli uomini che ha diretto.