Giocatore della Juventus insieme a Giampiero Boniperti, con la soddisfazione di partecipare alla vittoria del dodicesimo scudetto. Poi, giornalista sportivo che ha raccontato la squadra del suo cuore in tantissimi articoli. E anche scrittore, soprattutto di gialli. Tutto questo – e molto altro ancora – è stato Angelo Caroli.
LO SCUDETTO DEL 1961
Così come ci sono state diverse fasi nelle esperienze lavorative di Caroli, anche da calciatore della Juventus Angelo ha vissuto due periodi separati. Nel primo, che va dal 1955 al 1957, esordisce in Serie A andando in gol a Bologna quando ha 18 anni. Un giovanissimo in una squadra dall'età media molto bassa, affidata all'allenatore Sandro Puppo (da qui la definizione di Puppanti ai suoi giocatori dall'esperienza limitata). Due anni di difficoltà per la squadra bianconera e Caroli va via da Torino. Prima di farvi ritorno gira l'Italia: Catania, Lucca, Pordenone. Quando nel 1960 è nuovamente alla Juventus, il mondo è cambiato. La Signora è nel pieno di un ciclo di successi. Non c'è grande spazio in una squadra di campioni, nonostante Angelo si presti anche a cambiare ruolo quando c'è bisogno, passando da mediano a terzino destro. La Juve vince il campionato (nella foto, la festa), Caroli si fa apprezzare in particolare nel derby, calciando la punizione che Sivori trasforma in rete con una deviazione di testa. L'anno successivo sarà l'ultimo che trascorrerà in squadra.
COME SCHIAFFINO
Si è detto della versatilità di Caroli. A tal proposito è illuminante il racconto che fece a proposito dei mesi trascorsi con il nuovo mister della Juventus nel 1957, Ljubisa Brocic (nella foto con Giampiero Boniperti), con il quale poi non avrebbe giocato, cambiando casacca nella sessione di mercato di novembre. Lo jugoslavo lo studiò e gli fece una proposta che sorprende alquanto il giovane Angelo: «Senta, lei si metta a centrocampo. Ha presente Schiaffino? Sì? Benissimo: allora mi giochi allo Schiaffino». Il modello proposto era irraggiungibile. L'uruguaiano è stato uno dei registi più straordinari di tutti i tempi, troppo raffinato per provare ad imitarlo. Troppo geniale, come ha poi cantato Paolo Conte nel brano Sudamerica.
I RITRATTI
Il 2020 ci ha portato via due delle firme più care ai tifosi bianconeri, accomunati in questa immagine: Bruno Bernardi e Angelo Caroli. Colleghi a La Stampa, giornalisti che hanno scritto fiumi d'inchiostro sulla Juventus. Caroli ha collaborato per anni anche con Hurrà Juventus. Tra i primi pezzi scritti, nell'aprile del 1971, c'è un ritratto di Roberto Bettega. Il suo stile narrativo, l'attenzione alla precisione linguistica, è assolutamente evidente, si percepisce la sensibilità di chi è stato un calciatore che sa benissimo quanto i giudizi possano pesare su un giovane: «Adesso bisognerebbe fare un viaggio torno torno Bettega. Ma pulire le corde per cantare i pregi che tutti conoscono, che tutti vedono, è un rischio. Rischio dì ripetere ciò che su di lui è stato detto, oppure, e sarebbe il guaio peggiore, omettere dettagli di rilievo. Bettega significa futuro».
HO CONOSCIUTO LA SIGNORA
Un giornalista da quotidiano, Angelo Caroli. Di quelli con la penna e il taccuino in mano, a cercare la notizia, come in questa foto dove è uno dei cronisti intento a seguire Umberto Agnelli e Giampiero Boniperti arrivati al Combi a trovare la squadra. Ma il suo interesse per la Juventus è andato oltre l'esercizio del mestiere. Ha scritto libri importanti, come Fischia il Trap. Vittorie e tormenti di un re della panchina (Limina Edizioni), con la voglia di approfondire soprattutto l'umanità presente dentro i grandi personaggi, estraendogli una delle frasi più trapattoniane possibili: «Lascia perdere coi sogni, studia di più il vocabolario. Soltanto con la scienza oggi si va avanti». E in Ho conosciuto la Signora. Juventus intima (Graphot Editrice) ha espresso sin dall'incipit tutta un'esistenza, partendo da un giorno del 1955: «Quando scesi dal direttissimo Roma-Torino non sapevo che avrei fatto il giornalista e che avrei raccontato una storia semplice, sulla Juventus».