Con 476 partite è uno dei grandissimi della Juventus. Ma Dino Zoff va oltre le considerazioni statistiche: è il prototipo di una generazione di portieri, un numero 1 che ha scritto la storia.
IL MIGLIORE
Un pallone da agguantare in presa. E due dettagli significativi: un orologio e la fede nuziale. In questa foto Zoff è già oltre se stesso e il mito che ha rappresentato. Perché non è più un giocatore, ma il preparatore dei portieri, la sua seconda vita in bianconero prima di intraprendere quella dell'allenatore. E in ogni veste, Dino è sempre stato coerente nell'idea che lo ha guidato per diventare il migliore della sua epoca: «Ero presuntuoso nel mio ruolo, orgoglioso, anche un po' vanitoso e dunque sempre alla ricerca della perfezione».
OGNI BENEDETTA DOMENICA
Alla Juventus Zoff viene allenato da Sentimenti IV, un altro portiere leggendario. Dino arriva a Torino forte di un'esperienza significativa, ha già 30 anni e per 11 stagioni sta sulla breccia. Massimo Piloni (nella foto), Giancarlo Alessandrelli, Luciano Bodini: accanto a lui imparano, ma poi hanno lo spazio giusto per qualche estemporanea apparizione in Coppa Italia. In campionato, il titolare è lui: anche quando c'è qualche acciacco lo minimizza, ne parla con mister Trapattoni e scende regolarmente in campo, 330 volte di fila, non salta neanche una partita.
L'EREDITA'
Para tutto, Dino. Solo una cosa non riesce a fermare: il tempo. A 41 anni si ritira, un anno dopo avere alzato la coppa del Mondo in Spagna. L'erede è pronto: si chiama Stefano Tacconi e si è messo in luce con l'Avellino. Con gli irpini ha affrontato la Juve in 7 gare e non è mai riuscito a mantenere la porta inviolata, ma il Trap garantisce sul suo valore, definendolo «indiscutibile».
IL PIACERE DEL LAVORO
Zoff smette ma continua a scendere in campo, diventando il preparatore dei portieri della Juventus. Il titolare va ancora designato. Tacconi reclama spazio, Bodini ritiene di avere aspettato il giusto per ritenersi pronto ad assumersi le responsabilità. Dino sa che le gerarchie si decidono in settimana, nel lavoro quotidiano. Che – peraltro – confessa essere ciò che gli piaceva di più della sua professione: «L'allenamento era una cosa bellissima, mi divertivo». «Ho lavorato tanto, con piacere di farlo»: la definizione essenziale di cosa sia il professionismo nello sport.
L'INSEGNANTE
La sfida tra Tacconi e Bodini la vince il primo, anche se non mancheranno momenti di gloria per il secondo. Stefano caratterialmente è agli antipodi del suo preparatore: tanto Dino era taciturno e poco appariscente, quanto lui è effervescente nelle dichiarazioni e nell'interpretazione del ruolo. Come spesso succede nella scuola, è dagli opposti che nascono i migliori rapporti tra docenti e allievi. Zoff sa come prendere il ragazzo, decide che non va indottrinato con nozioni ma assecondato nella sua vocazione e il suo erede glielo riconosce: «Zoff mi ha dato molta tranquillità, psicologicamente mi ha rafforzato molto. Dal lato tecnico, non mi ha insegnato niente. Non gli ho mai chiesto consigli, né lui li ha dati a me. Mi diceva sempre: «Che ti devo insegnare? Quello che hai accumulato ce l'hai, io ti devo allenare».
IL GIOVANE E L'ANZIANO
La parti si rovesciano. Nel 1988 Dino Zoff diventa il giovane allenatore della Juventus. E Tacconi è sempre lì, è diventato lui l'anziano del gruppo, fino a diventare il capitano. Per due anni il loro rapporto avrà modo di esplorare nuove modalità. E sarà Stefano ad alzare i due trofei del 1990, la Coppa Italia e la Coppa Uefa: «Zoff mi voleva bene, ricambiato da me. Ha sempre puntato su di me, mi ha messo dentro anche quando non stavo bene».
NASCERE NUMERI 1
Cosa porta un ragazzo a scegliere di diventare un portiere? Gigi Buffon ha rivelato come lui, centrocampista di qualità in gioventù, sia stato spinto da motivazioni diverse: l'idea di non dover più percorrere chilometri di corsa; il possesso di una divisa originale, diversa dal resto dei compagni; l'esempio di Thomas N'Kono, portiere del Camerun che gli rubò gli occhi a Italia '90. Il caso di Zoff è invece opposto: Dino non ha mai pensato di poter fare altro.