C’è un momento in cui ogni grande campione decide di appendere le scarpette al chiodo, e consegnare le proprie gesta sportive alla leggenda. Quel momento è arrivato anche per Mauro German Camoranesi, che i tifosi hanno eletto a furor di popolo come uno dei cinquantabianconeri più forti di sempre
Lo ha annunciato lui stesso lo scorso febbraio, dopo due decenni vissuti al top fin da quando viene notato in Messico dagli osservatori del Verona, che nel 2000 gli assicurano un biglietto solo-andata per l’Italia.
Da lì a Torino, il passo è breve: il fuoriclasse oriundo ripercorre le orme di “Mumo” Orsi e Omar Sivori, si ambienta in un attimo e, grazie alle sue qualità tipiche del calcio sudamericano – fantasia, dribbling e estro –si conquista subito un posto da titolare. Sale immediatamente sul tetto d’Italia, vincendo il tricolore al primo tentativo, e per poco non gli riesce anche uno storico double nella finale di Champions League di Manchester (in cui gioca dal primo minuto).
Proprio nel corso di quella cavalcata europea, ricorda Mauro nel corso di un’intervista esclusiva per Juventus.com, l’italo-argentino visse una dei momenti più emozionanti della sua carriera in bianconero: la ‘partita perfetta’ contro il Real Madrid in semifinale.
Logico che incontrare ancora una volta gli antichi rivali blancos in occasione dell’UNESCO Cup, lo scorso 2 giugno, sia stata per lui un’esperienza da brividi – così come ascoltare per l’ultima volta da calciatore il boato di uno stadio che, colmo d’affetto e memore dei trionfi vissuti con lui a guardia della fascia bianconera, inneggiava al suo nome.
«E’ stato bellissimo. Ringrazio la Juventus perché con una partita di questo tipo ci ha fatto sentire di nuovo giocatori, anche se sappiamo di non esserlo più», ha ricordato Camoranesi. «Tutto il programma è stato fantastico: andare in albergo, la trasferta con il pullman tutti assieme, l’arrivo allo stadio e poi quell’accoglienza del pubblico, che ci ha riconosciuto il fatto di essere stati giocatori importanti della società. Per me in particolare è stato un momento unico.»
Le sue 288 partite in otto stagioni in bianconero, impreziosite da 32 gol ma soprattutto da tre Scudetti e due Supercoppe Italiane, sono state – per sua stessa ammissione – l’apice professionale della sua lunga ed entusiasmante vita da giocatore.
«La Juventus è stata l’esperienza più bella della mia carriera», ha ammesso la leggenda juventina. «E’ stata la più lunga, non solo dal punto di vista degli anni, ma anche da quello dei risultati e delle emozioni. Come dico sempre, è stata la parte centrale e più importante della mia avventura da calciatore».
Non a caso, il suo nome è stato inserito dai tifosi nell’elenco delle 50 stelle bianconere più luminose di sempre:
«Questo per me ha un significato molto forte. Mi emoziona molto, l’ho sempre detto. Per la Juventus sono passati centinaia di giocatori, tutti di grandissimo livello, e essere scelto fra i cinquanta più forti… ma soprattutto, essere stato scelto dal pubblico è per me il riconoscimento più importante. Sono orgoglioso, fiero, vuol dire che qualcosa di buono ho fatto in quegli otto anni».
La chiacchierata con ‘Camo’ è stata anche l’occasione per domandargli un parere sulla prossima stagione della Vecchia Signora, dopo lo storico tris tricolore raggiunto quest’anno.
«Vedo la Juventus molto bene, soprattutto in campionato dopo questi tre trofei consecutivi vinti», è stata la sua risposta. «E in Europa sarà una sfida!»
Parole di elogio sono andate anche amico di epiche battaglie a centrocampo nel corso delle due stagioni giocate assieme, Antonio Conte, la cui parabola in carriera – dal campo alla panchina di una grande squadra – sogna di ripercorrere un giorno anche lo stesso Camoranesi. «E’ stato un grandissimo compagno, sempre molto rispettoso di tutti. In campo era uno che trascinava la squadra, erano e sono ancora le sue caratteristiche: trascinare e contagiare con la sua passione e la sua voglia. E’ un leader, lo è stato come giocatore e lo è come allenatore».
«Noi delle nuove generazioni abbiamo un altro pensiero su come interpretare il calcio», ha quindi aggiunto. «Mi piace la mentalità di Conte, di Montella ma anche dello stesso Prandelli, che appartiene a una generazione diversa rispetto a quella dei miei allenatori».
Quarant’anni dopo l’ultimo oriundo, Angelo Benedicto Sormani, El Gaucho Camoranesi riuscì a furia di prestazioni stellari a conquistarsi anche un posto in azzurro: ad appena tre anni dalla sua prima convocazione in Nazionale, quel talentuoso esterno tutta classe sarebbe stato uno dei 23 eroi a correre sul prato dell’Olympiastadion di Berlino, urlando a squarciagola la sua gioia da Campione del Mondo.
Come non chiedergli dunque, nel corso dell’intervista realizzata prima della gara della Nazionale di Prandelli contro il Costa Rica, un parere da sul Mondiale in corso in Brasile, che vede impegnati ben 12 bianconeri (di cui sei in Azzurro).
«E’ un periodo positivo per tutti i calciatori della Juventus. Quelli della Nazionale italiana all’esordio hanno fatto un’ottima impressione, ma anche gli altri si sono messi in luce. L’Uruguay si è rimessa in corsa per superare il girone, e il Cile sarà una delle squadre rivelazione di questo Mondiale».
Camoranesi, tuttavia, non ha voluto sbilanciarsi con un pronostico su quale squadra trionferà il prossimo 13 luglio a Rio de Janeiro, limitandosi a dire che, in sua opinione, «quest’anno la Coppa rimarrà in Sud America».
In questi giorni di abbuffate di calcio di qualità, lui osserva attentissimo quanto di meglio ha da offrire la kermesse brasiliana, si gode un po’ di meritato riposo ma già scalpita per la nuova avventura che gli si apre d’innanzi: quella dall’altra parte della linea di fondo, come allenatore.
«Finito il Mondiale comincerò la ricerca di una squadra per cominciare a lavorare. Sono stato molto fortunato ad avere avuto allenatori importantissimi: da loro ho imparato molto. Incomincerò la mia carriera dove troverò il posto giusto e dove possa esprimere il mio pensiero. Europa, Stati Uniti, Sud America non importa, è lo stesso… Ciò che più conta è che trovi il posto giusto per sviluppare la mia filosofia di gioco».
A Mauro, leggenda della Juventus, vanno quindi i nostri migliori auguri per una carriera da allenatore tanto raggiante quanto quella vissuta a Torino, negli anni in cui ha onorato, dal primo all’ultimo minuto, i colori bianconeri!