Un tris, per dimenticarne in fretta un altro. La Juve è reduce da due partite con egual punteggio, il 3-1 con cui ha vinto a Siviglia in Champions League e un 3-1, di segno opposto, a Marassi, contro il Genoa. Una partita, quella in Liguria, che la Juve vive con un momento di inspiegabile blackout nel primo tempo, permettendo alla squadra rossoblu di andare in porta per ben tre volte.
Dimenticare e voltare pagina quindi: non c'è avversario migliore dell'Atalanta, che benissimo sta facendo in campionato, per dimostrare che quello contro i genoani è stato, semplicemente, un incidente.
Fra i vari significati e le varie storie di questa partita c'è anche il saluto, commovente, che la Juve e lo Stadium tributano ai caduti nella tragedia aerea che ha coinvolto la squadra brasiliana della Chapecoense.
Poi, si inizia a giocare.
Come si diceva, l'Atalanta sarà anche la rivelazione del campionato, ma la squadra che lo domina da cinque anni non ha intenzione di alimentare sogni di gloria altrui e l'aggressività con cui inizia la gara è un chiaro segnale della volontà di chiudere i conti il prima possibile.
La percussione di Alex Sandro al 15', conclusa con una sventola che si insacca a fil di palo, è la prima conferma delle intenzioni dei bianconeri. L'incornata con cui Rugani, quattro minuti più tardi, spedisce in rete il corner di Pjanic è la seconda.
E poi, come sempre, c'è Mario. Mandzukic è straripante: non butta via un pallone, non smette per un attimo di “mordere” gli avversari, si propone come ala e va al cross, apre il gioco quando arretra... E nella ripresa arriva anche il gol: dopo un destro maligno di Marchisio messo in angolo da Sportiello, Pjanic disegna un'altra perla dalla bandierina e il croato stacca perfettamente, infilando l'angolino.
L'Atalanta riuscirà solo ad accorciare le distanze, con Freuler, verso la fine della partita.
Avanti così.
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