Nella scala delle soddisfazioni e delle gioie che un tifoso si augura di provare nella propria vita, quella di vincere un derby nei minuti di recupero - in rimonta, per giunta - occupa sicuramente i primissimi posti per qualsiasi appassionato. Nella storia dei testa a testa che vanno avanti da oltre un secolo tra Juventus e Torino, di derby della Mole lottati “fino alla fine” ce ne sono stati un bel po’, e abbiamo per questo deciso di dedicare particolare attenzione a un paio di essi, in attesa della sfida che vedrà impegnati questo weekend i bianconeri contro i granata all’Olimpico di Torino. Partiamo dal novembre 1992, da una Juventus guidata da Giovanni Trapattoni - ritornato in bianconero l’anno precedente dopo gli anni all’Inter - con diversi giocatori assenti in campo, ma un decisivo Gianluca Vialli a fare da trascinatore.
TORO SECONDO IN CAMPIONATO E LA JUVE PIENA DI ASSENZE
In uno stadio Delle Alpi stracolmo con oltre 52.000 spettatori, il Torino allenato da Mondonico va a caccia di una vittoria in una domenica pomeriggio autunnale a cui arriva da seconda forza della Serie A e con una lunghezza di vantaggio sulla Juventus. A preoccupare i bianconeri però è soprattutto la lunga lista d’assenze, a partire da Roberto Baggio - fermato pochi giorni prima in Nazionale dalla rottura di una costola nel match giocato dall’Italia contro la Scozia. Una gara di qualificazione ai Mondiali in cui il Divin Codino è stato costretto a uscire al 74’, con il ct Arrigo Sacchi che aveva già terminato i cambi e con l’Italia rimasta in 10 uomini nell’ultimo quarto d’ora. Una partita in cui non aveva trovato invece spazio Gianluca Vialli, in un attacco azzurro composto da Gianluigi Lentini e Giuseppe Signori, di fianco al già citato Baggio. Poco male per la Juventus, che invece poteva così disporre quella domenica del suo attaccante nelle migliori condizione, in un match in cui Trapattoni doveva rinunciare anche a Peruzzi, Julio Cesar e Marocchi.
UN DERBY INIZIATO IN SALITA, POI IL RISCATTO DI VIALLI
Un derby che diventa una vera e propria altalena d’emozione, a partire dai primi 60 minuti combattuti e complicati, con il risultato che non vuole saperne di sbloccarsi. Poi, la doccia fredda: dopo i ripetuti miracoli compiuti da Marchegiani, chiamato quel giorno a difendere la porta granata, a segnare è proprio il Torino. Palla persa da Dino Baggio sulla propria trequarti, Casagrande ne approfitta e serve Sordo che in spaccata si fionda sul pallone appena messo piede in area e sorprende Rampulla sul primo palo. È il gol dell’1-0 che fa esplodere di gioia i tifosi di casa, uno di quei colpi che, come sottolinea Vialli nel post-partita, «avrebbe ammazzato chiunque».
Non la Juventus, però, già esperta di rimonte in formato derby e pronta a confezionarne quel pomeriggio un’altra per impreziosire la sua storia. Il gol del pareggio lo firma proprio Vialli al 76’ (mettendo a sedere Marchegiani e depositando il pallone in rete), che diventa il trascinatore nel finale della squadra. Da un suo guizzo nel secondo minuto di recupero viene fuori poi un calcio d’angolo che risulterà determinante: Di Canio batte verso il limite dell’area per servire Moeller, che conclude guardando al primo palo, ma sulla traiettoria incappa Venturin che devia il pallone in porta. È l’apoteosi bianconera al 92', il sigillo che vale la vittoria nel derby e il sorpasso in classifica sul Torino.
Una soddisfazione special soprattutto per Gianluca Vialli, capitano e matchwinner, in quella che era la sua prima stracittadina torinese con la Juventus, vissuta da protagonista e conclusa con un acuto utile per rilanciarsi dopo alcune settimane non semplici. Consacrazione che il diretto interessato tende a ridimensionare già nei minuti successivi al fischio finale: «Grazie per i complimenti, ma resto con i piedi per terra perché il bello e il brutto del calcio è che, ogni settimana, c'è una battaglia da affrontare e tutto viene rimesso in discussione. Sono molto soddisfatto e non ho cacciato le streghe con questo gol che rompe un lungo digiuno. So quanto valgo e c'è tempo per dimostrarlo». Un'altra frase profetica visto che, come spesso è accaduto, ha avuto ragione lui.