06 marzo 2014
«Qualcuno di voi potrebbe domandarsi perché un Presidente di una delle più grandi squadre del mondo, che lavora e agisce in un comparto economico in cui gli aspetti finanziari sono preponderanti, si alzi una mattina e venga davanti a 1000 giovani provenienti dal mondo intero a tentare di parlare di integrazione e di lotta al razzismo». Sono passate da poco le 12.00 quando Andrea Agnelli pronuncia queste parole, nella sede centrale dell'UNESCO, a Parigi. Di fronte a lui ci sono 1.000 ragazzi, tra i 18 e i 35 anni e in realtà sanno bene perché il Presidente della Juventus si sta rivolgendo a loro: per parlare del progetto “Un calcio al razzismo – Gioca con me”, che una giuria indipendente ha selezionato tra i cinque continenti, unico per l’Europa, insieme ad altre nove iniziative. L'occasione è l'incontro “Educazione, Sport e Diversità culturale – Nuovi modi di promuovere i diritti umani nel mondo” e Andrea Agnelli è stato invitato a parlare dell'impegno e degli sforzi compiuti in questa direzione dalla Juventus negli ultimi anni. Era il 2009 quando nacque “Un calcio al razzismo”, che mette a disposizione ogni anno due borse di studio dedicate agli studenti per le azioni significative svolte a favore dell’integrazione: «Sono convinto che l’Italia, per molti anni terra di emigranti, non soffra di razzismo vero e proprio – sottolinea Agnelli - L’Italia, però, vive per la prima volta nella sua storia il fenomeno dell’immigrazione massiccia e in taluni momenti, e lo stadio talvolta è uno di questi, stenta a comprenderlo. La Juventus ha sentito il dovere di aiutare questa comprensione».
Era il 2012 quando venne presentato “Gioca con me” che si rivolge ai più piccoli e che, grazie alla collaborazione di Juventus Soccer School, permette a coloro che per motivi economici e sociali non potrebbero sostenere il costo dell’iscrizione, di seguire un programma triennale di allenamenti. «Un pallone, un bambino e la felicità – spiega ancora il Presidente - Gli ingredienti di “Gioca con me” in definitiva sono tutti qui. Per moltissimi anni il calcio è stato pienamente accessibile a tutti i bambini. Le nostre società civili però si sono complicate, i genitori hanno richiesto per i propri figli standard educativi e ambientali superiori. Sono nate le scuole calcio, che offrono un vero insegnamento ma che sono accessibili solamente a quanti si possono permettere di pagare la retta annuale. La grande crisi, la disoccupazione, la crescente immigrazione hanno fatto il resto: da alcuni anni, il pallone e la felicità non sono più accessibili a tutti. Da questa constatazione, in modo quasi naturale, è nato “Gioca con Me”, che già oggi, nel suo secondo anno di attività, è diventato un vero esempio di integrazione e inclusione: due valori che lo mettono in piena sintonia con gli obiettivi dell’UNESCO».
Ed è infatti con la collaborazione del Centro UNESCO di Torino, rappresentato a Parigi dalla Presidente Maria Paola Azzario Chiesa, che entrambe le iniziative si sono sviluppate, unendosi in un unico progetto teso a combattere ogni forma di discriminazione e a educare i giovani ai valori del rispetto dell’altro e dell’integrazione, attraverso l’istruzione e lo sport. E oggi vedere riconosciuta la bontà dei propri sforzi, avere la possibilità di parlare ai giovani, di spiegare loro quanto certe vittorie, anche per una società come la Juventus, siano più importanti di coppe e trofei, è un motivo di profondo orgoglio. Soprattutto è una fortissima spinta a proseguire il cammino intrapreso. Perché, come ha detto Agnelli rivolgendosi ai ragazzi, «il calcio è il sogno di miliardi di persone. Il calcio è felicità». E la Juventus vuole che lo sia per tutti.