06 aprile 2020
Quando si parla di lui non si può che partire dallo stile. Perché Platini è stato in tutta evidenza intanto e soprattutto una manifestazione di eleganza, tanto è vero che si è fatto apprezzare molto al di là della cerchia dei tifosi della Juventus. Una raffinatezza che stupiva tutti e non lui per una semplice ragione: Michel la viveva come una dote del tutto naturale ed in questo c'era anche tutto il piacere vagamente compiaciuto della sua unicità, quel fingere indifferenza di fronte ai complimenti. Non succedeva mai di sentirlo esaltare una sua meraviglia. Non amava molto il calcio parlato, in questo sapendo giocare molto bene anche sul terreno mediatico: fingendo stupore quando le sue battute venivano ingigantite e divertendosi enormemente a confezionarle ben sapendo che avrebbero fatto notizia, spiazzanti e precise come certi suoi tiri.
E poi, in questo atteggiamento, c'era anche una consapevolezza di fondo: l'enorme differenza tra la bellezza estetica di un gesto tecnico e la sua descrizione, per quanto letteraria e riuscita, è pur sempre un atto riflesso, una conseguenza e non una creazione originale. Tanto è vero che in qualche occasione si è anche inalberato – alla sua maniera molto francese, un moto di stizza, uno sbuffo e stop – quando gli hanno chiesto di stilare una pagella su una sua prestazione. A ognuno il suo compito, diceva a chiare lettere, siete voi giornalisti che dovete dare i voti, io gioco. Che, se si vuole, si può tradurre anche in un il Re sono io, tocca agli altri raccontarmi.
IL GOL E' TUTTO
Un numero 10 come Platini non c'è mai stato. Nè prima di lui, né dopo. Intendiamoci: non che Sivori, Baggio o Del Piero non abbiano incantato, vinto, lasciato segni epocali ed esprimere ognuno di loro un'originalità della quale la storia del calcio conserva una traccia profonda e indelebile. Ma nessuno è stato un numero 10 come Le Roi. Un sovrano del cerchio di centrocampo, eletto a punto cardinale della sua visione eletta del gioco: intelligenza pura, arte della trasmissione di pensieri che i suoi piedi traducevano in linee di bellezza armonica e funzionalità concreta.
Un regista capace di vincere la classifica cannonieri in Italia per 3 campionati di fila: semplicemente inconcepibile, insistiamo, prima e dopo di lui. 54 reti in Serie A – per non parlare di quelle in altre competizioni – in 88 partite: una media di 0,6, a gara, numeri alla Trezeguet degli anni migliori e non è un modo di dire ma un esatto calcolo dei 3 tornei più prolifici di David, il centravanti più centravanti che ci sia mai stato (2002, 2006 e 2008, campionati dai 20 centri in su).
Ovviamente, anche in questo Michel non smentisce la sua alterità. Sa bene che “Nel calcio il gol è tutto” e che “Quando fai un gol in Francia lo sanno solo i francesi, quando lo fai in Italia lo sanno in tutto il mondo”. Ma quando non vi riesce e gli pongono le fatidiche domande su quanto gli manchi, la sua risposta è più caratteriale che diplomatica: “Non provo sensazioni di questo tipo”. Un Re – è sottinteso – non può perdere tempo con simili sciocchezze...
LA RETE DIMENTICATA
Nel catalogo dei 104 gol realizzati da Platini nel suo quinquennio torinese ognuno ha una sua scala di valori. E se quello all'Ascoli è il più stilisticamente incredibile e al contempo indicativo di cosa sia un regista-attaccante (Michel si autolancia di tacco e supera il portiere con un pallonetto di punta), tanti altri sono sorprendenti, perfetti, inesorabili, geniali.
Ce n'è uno dimenticato e meno visto di altri, Platini lo ha inventato il pomeriggio del 31 dicembre 1983, quando molti sono indaffarati con i preparativi del veglione e le trasmissioni televisive dedicano meno spazio al calcio (soprattutto all'epoca...). E poi è talmente veloce nell'esecuzione che sorprende il cameraman, somiglia al proiettile lanciato da una catapulta, è rarissimo a vedersi.
Lo racconta Paolo Garimberti a Hurrà Juventus in un'intervista dedicata alla nascita dello Juventus Museum, il luogo giusto per custodire memorie così preziose e farle incontrare con altri eroi dal carattere opposto:
«Giocavamo ad Avellino e lui ha raccolto una respinta segnando di testa da fuori area. Non è stato solo un exploit bello e concreto, quello. Era esattamente l'unica scelta possibile affinché quel pallone vagante potesse entrare in porta. Il gol di un genio, che ha la capacità di capire in pochi istanti che cosa si debba fare. Lì c'è la dimostrazione perfetta di quanto fosse intelligente Michel. Ed è anche un po' beffardo: ci vedo anche un po' di Sivori, che segna alla Sampdoria dribblando due volte il portiere, una soluzione illogica, giustificata dal divertimento personale e anche da quel tanto di perfidia che Omar aveva nell'esibizione del suo talento».