04 maggio 2014
Campioni d’Italia. Di nuovo. E poi ancora una volta, la terza di fila.
Le gesta della Juventus frantuma record di Antonio Conte entrano di diritto nell’empireo del calcio italiano: non solo per un’impresa riuscita soltanto a quattro squadre in quasi un secolo di storia della Serie A.
In una stagione i bianconeri hanno calpestato implacabilmente ogni primato: 30 capolavori stagionali, di cui 17 di fila a casa nostra - inespugnabile - e 12 successi consecutivi in Serie A, di cui otto – uno dopo l’altro - a porta inviolata. Eppure questi sono solo numeri, che restituiranno ai posteri la storia di una macchina da gol e spettacolo infallibile, tacendo però delle corse di Vinovo; della fatica; della determinazione nello sguardo prima che l’arbitro fischi; degli applausi verso le tribune, madidi di sudore, e delle corse sotto la pioggia ad urlare il proprio ‘grazie’ ai tifosi bianconeri.
C’è n’è uno, però, che più di ogni altro indica perfezione e totalità. E’ il numero tre, numero di sintesi. Tre come gli scudetti consecutivi vinti dalla Juventus.
«Mente fredda, cuore caldo», il mantra di Conte.
Il suo capolavoro è trino: fisico, tattico e mentale. La terza Juve di Conte ha nel DNA la stessa torrida passione del proprio allenatore e in campo un'organizzazione da orologio svizzero. La Juventus campione d’Italia per tre volte di fila è gelida, implacabile, una macchina costruita scientificamente per vincere.
Il terzo scudetto di fila sintetizza ed esalta al cubo ogni aspetto positivo dei due trionfi passati.
Il primo dei tre è stato un arrembaggio, senza fare prigionieri: abbiamo vinto di slancio, con l’orgoglio di voler tornare padroni del campionato contro ogni pronostico, da imbattuti, per guardare tutti da lassù, come ci si addice, e domandare: “E adesso…?”
Il secondo è stato quello dell’accresciuta maturità, della difesa impenetrabile, e il per poco non è caduto, anche questa volta, proprio il 5 maggio, giorno dolce.
L’ultimo titolo è una conferma. Il terzo scudetto –nelle parole di Conte –è stato un obbligo. Perché non è nostra tradizione mancare l’appuntamento con la gloria.
32 scudetti, tre di fila. La prima e ultima volta bianconera fu negli anni '30: la Vecchia Signora di Combi, Caligaris, Felice Borel II e Munerati, inarrestabile nel girone di ritorno come quella di Antonio Conte. Il terzo trionfo consecutivo, quello della stagione avviatasi nel ’32 – sarà il destino – arrivato anche allora in anticipo, benedetto dai 10 gol dell’argentino “Mumo”Orsi.
Nato in un’altra epoca, a meno di trentadue chilometri di distanza dall’Apache, nostro numero 10, che una volta vestiva il 32, simbolo e ministro officiante di questa attualissima liturgia di trionfi.
Se giocatori come Tevez, il capocannoniere, e Buffon, il capitano, incarnano l’Agonismo, con la A maiuscola, lo Juventus Stadium è stata l’Arena in cui si sono consumate le sventure per i nostri avversari.
Da qui non si passa: insieme abbiamo vinto negli anni scorsi, e insieme abbiamo vinto ancora una volta. Abbiamo inseguito e, una volta passati in testa, non ci siamo più fatti riprendere. Siamo caduti, due volte, ma ci siamo solo sbucciati le ginocchia e siamo tornati a correre, ancora più forte. Siamo campioni. Per la trentaduesima volta, la terza di fila. La matematica è da sempre amica dei più forti.