10 settembre 2014
«È un grande onore per Juventus Football Club e per me personalmente parlarvi di un argomento che interessa tutti noi. La discriminazione.
La discriminazione è una problematica delicata. Tutti siamo consapevoli della sua esistenza e della necessità di un cambiamento, ma per molti è difficile capire dove trovare le soluzioni adatte.
L'impegno di Juventus in questo ambito è incentrato sull'educazione come chiave per combattere tutte le forme di discriminazione e promuovere l'integrazione.
Quest'anno a giugno abbiamo organizzato una partita di beneficenza contro il Real Madrid, l’UNESCO Cup, i cui proventi sono stati devoluti per finanziare iniziative di reinserimento dei bambini soldato in Mali e nella Repubblica Centrafricana. Questi bambini possono così accedere a programmi di alfabetizzazione, formazione professionale e partecipare a eventi culturali, sportivi e artistici. Approfondendo le loro capacità e aumentando il loro coinvolgimento intellettuale, li aiutiamo a riconquistare fiducia e offriamo loro la speranza di un futuro migliore, un futuro in cui si troveranno in una posizione migliore per integrarsi nell'ambiente globalizzato e in costante movimento in cui viviamo. Queste sono senza dubbio le capacità che tutti noi dobbiamo possedere per poterci sentire inclusi sia nella vita professionale sia nel contesto sociale».
«Lotta alla discriminazione, integrazione ed educazione. Questi possono essere considerati i tre pilastri di una società felice, specialmente nel mondo che ho appena descritto, un mondo in cui le persone sempre più spesso si spostano di paese in paese per lavorare, studiare e vivere.
Siamo diventati una vera e propria popolazione di migranti e le società più armoniose hanno imparato ad accettare e includere i vari gruppi di persone che arrivano da altre realtà. A tal riguardo alcuni paesi hanno fatto più progressi di altri. Da molti decenni il Regno Unito registra elevati livelli di immigrazione, che lo hanno reso un ambiente multiculturale, non solo nelle grandi città, ma anche nelle zone di campagna. Durante la mia esperienza diretta di vita e studio in Inghilterra, ho notato che per gli inglesi è completamente normale passeggiare per strada, anche nei paesi, e vedere in egual misura persone della propria e di altre etnie. È un dato di fatto e la maggior parte delle persone non ne è né preoccupata né infastidita, è diventata un’abitudine e non rappresenta un problema.
L'Italia sta prendendo coscienza solo adesso della portata del fenomeno dell’immigrazione di massa. Certo, per molti anni siamo stati un paese di emigranti, ma questa è la prima volta nella storia italiana che registriamo un numero tanto elevato di persone che raggiungono le nostre coste e rimangono sul nostro territorio per lunghi periodi, con la speranza di una vita migliore. Il mondo è cambiato, e anche l'Italia sta diventando sempre più un paese multiculturale».
«Non c'è esempio migliore di questa evoluzione del campo di calcio. Le nostre squadre e i nostri spogliatoi sono diventati laboratori multiculturali, con giocatori provenienti da tutto il mondo. Solo nella rosa della Juventus di quest'anno, posso contare otto diverse nazionalità che scendono in campo ogni fine settimana. I nostri tifosi non sono interessati alla provenienza dei giocatori che indossano le maglie bianconere, tifano per questi uomini indipendentemente dal fatto che vengano dal Ghana, dall'Argentina o da Torino. L'unica cosa che conta è che siano una squadra.
Il campione del mondo in carica, la Germania, è una squadra composta da giocatori che non sono necessariamente nati nel paese. Il loro miglior cannoniere di tutti i tempi, Miroslav Klose, è nato in Polonia ma è diventato un'icona per tutta la Germania. Se pensiamo alla nazionale italiana, ci sono alcuni giocatori con passaporto italiano ma di origini straniere che stanno diventando figure prominenti sia per la squadra che per la nazionale. È inutile dire che se l'Italia raggiungesse un livello di integrazione, sociale e sportiva, pari a quello della Germania, ne trarrebbe vantaggio sia dentro che fuori dal campo».
«La natura internazionale delle squadre di calcio moderne fa sì che questo sport rappresenti un mezzo perfetto per combattere il razzismo. Sfortunatamente negli stadi di calcio sentiamo ancora cori razzisti o discriminatori verso diverse realtà territoriali italiane. Sappiamo tutti che l'Italia è un paese costituito da diverse province caratterizzate da stili di vita differenti, ma anziché sfruttare questa varietà culturale per diventare più forti come popolo, continuiamo a trasformare un aspetto positivo in un punto a nostro sfavore. Perché dobbiamo guardare alle nostre differenze con rabbia e aggressività? Così come l’Italia è riuscita a vincere la Coppa del mondo unendo queste diversità in una sola nazione, questo paese può eccellere in qualsiasi campo, basta che ognuno tratti gli altri con uguaglianza e che collaboriamo tutti insieme.
Sono orgoglioso di poter dire che Juventus Football Club si impegna a promuovere questi messaggi fondamentali tramite alcune iniziative molto importanti».
«Questo è il sesto anno del programma “Un Calcio al Razzismo”, attraverso il quale Juventus e il Centro UNESCO di Torino sponsorizzano progetti contro il razzismo organizzati da associazioni di volontariato, scuole superiori e giovani tra i 18 e i 25 anni in Piemonte.
Quest'anno le borse di studio sono state assegnate a due ragazzi con alcune idee molto brillanti che stimoleranno l'integrazione delle minoranze etniche nella comunità locale. I progetti prevedono l'offerta di supporto scolastico e attività doposcuola destinate ai bambini provenienti da famiglie che altrimenti non avrebbero i mezzi per provare un senso di appartenenza nella società.
Alla Juventus, crediamo che non esista modo migliore di promuovere l'integrazione nella società dell'educazione, considerata nelle sue due sfaccettature: non solo l'educazione fornirà a queste famiglie svantaggiate una piattaforma dalla quale aspirare a ottenere una migliore sussistenza, ma a questa si aggiunge il tipo di educazione che non viene insegnata, ma assimilata naturalmente convivendo con persone provenienti da background diversi.
Questa è l'idea dietro l'iniziativa “Gioca con me” organizzata in collaborazione con il Centro UNESCO di Torino e con le scuole pubbliche locali. Quand'ero piccolo era normale andare al parco e giocare a calcio con gli altri bambini. Ora, con la diffusione delle scuole calcio in tutta Europa, questo è sempre meno comune. Queste scuole offrono una superba formazione, ma non tutte le famiglie possono permettersi di mandare i propri figli ai corsi che organizzano».
«“Gioca con me” nasce con l’intento di abbattere le disuguaglianze sociali, coinvolgendo in molteplici attività ludiche e ricreative i bambini che hanno conseguito ottimi risultati scolastici ma che, per ragioni economiche o famigliari, non hanno la possibilità di iscriversi al programma Juventus Soccer Schools.
Mettendo insieme bambini con provenienze sociali molto diverse, abbattiamo il pericoloso muro costituito dai pregiudizi di classe. Grazie a questa iniziativa abbiamo visto nascere amicizie incuranti della condizione economica e della razza, mentre prima si assisteva più facilmente ad amicizie tra bambini della stessa estrazione sociale. Questa, per me, è l'educazione nella sua forma più pura. Se possiamo aprire le menti delle persone fin dalla giovane età, costoro saranno gli adulti responsabili e rispettosi di domani. Questo è il tipo di persona che vogliamo vedere sugli spalti dello Juventus Stadium, che già offre la migliore atmosfera per le famiglie nella Serie A.
L'uguaglianza dovrebbe essere una certezza nella vita di tutti noi, ma è troppo spesso data per scontata. Credo che le iniziative che abbiamo organizzato in Juventus possano dimostrare che siamo persone che lavorano in Italia per superare il problema irrisolto della discriminazione».
«Concludendo, vorrei citare un progetto al quale stiamo attualmente collaborando con l'UNESCO. Dopo aver firmato la partnership con il direttore generale dell'UNESCO Irina Bokova presso la sede generale dell'organizzazione a Parigi nel maggio 2014, Juventus si è impegnata a finanziare un progetto di ricerca originale che esaminerà i problemi di razzismo e discriminazione nello sport ad alti livelli professionali, concentrandosi in particolare sul calcio. I risultati saranno pubblicati in una relazione ufficiale volta a fornire ai governi e agli altri stakeholder una fotografia approfondita e dati riguardanti questi fenomeni. Prevediamo di completare questo documento entro la fine del 2015.
Alla Juventus abbiamo dimostrato che l'educazione all'integrazione fornisce le risposte corrette per estirpare la discriminazione. Speriamo che altri club seguano con attenzione l'esempio tracciato dalla nostra società. Il calcio ha la responsabilità di sradicare questo problema e se tutti quanti procediamo nella stessa direzione impareremo a rispettare le reciproche differenze.
Vorrei concludere il mio discorso con una citazione che ritengo racchiuda la questione. Come disse una volta la politica americana Shirley Chisholm: “La discriminazione contro i neri, le donne e in generale tutte le forme di discriminazione equivalgono alla stessa cosa: discriminazione contro l’umanità”.
Vi ringrazio per l'invito e per la vostra attenzione».