07 giugno 2020
In un viaggio ideale a scoprire i luoghi in Europa dove ha giocato la Juventus, il Paese con più città da visitare sarebbe la Germania. Un ulteriore “riconoscimento” dell'importanza del calcio tedesco, in un periodo nel quale in Italia la Bundesliga ha calamitato l'attenzione come mai prima era successo in qualità di primo campionato a riprendere l'attività agonistica dopo lo stop determinato dalla pandemia. Contando solo gli impegni ufficiali nelle varie coppe e tralasciando quindi le occasioni amichevoli, la Signora si è recata in Germania in ben 15 città diverse. Complessivamente sono stati di più gli impegni affrontati contro le formazioni spagnole, ma in quel caso Madrid e Barcellona hanno quasi monopolizzato le sedi di destinazione. Il calcio tedesco, invece, ha presentato una varietà di squadre decisamente alta ed è sorprendente pensare che il club più prestigioso di tutti – il Bayern – abbia incrociato la Juventus sul suo cammino solamente nel novembre del 2004, anche se a Monaco i bianconeri avevano già disputato la finale di Champions 7 anni prima contro un'altra formazione teutonica, il Borussia Dortmund.
Ovviamente bisogna distinguere il periodo successivo al 1989 con la conseguente riunificazione a quello nel quale il Paese era diviso in due blocchi. Nonostante la fase di separazione conti un maggior numero di anni, le occasioni di incontro si sono moltiplicate con il passaggio dalla Coppa dei Campioni alla Champions League: la Juventus ha pertanto giocato più volte in Germania di quanto abbia fatto con squadre della Germania Ovest e della Germania Est.
TUTTO COMINCIA NEL 1968
Tra le tante accelerazioni che determina il fatidico '68, c'è anche quella del rapporto tra la Juventus e la Germania. Pochi mesi prima che a Torino approdi via Bologna Helmut Haller, uno tra gli elementi di spicco della Nazionale tedesca, i bianconeri fanno il loro esordio a Braunschweig per l'andata dei quarti di finale di Coppa dei Campioni. Avversario è l'Eintracht, che prevale 3-2, un risultato che la Juve rimedia al ritorno per poi aggiudicarsi la “bella” (non valeva in quell'edizione il peso delle reti segnate in trasferta). Di questa prima volta, Hurrà Juventus sottolinea la correttezza del pubblico della città della Bassa Sassonia e non è poco, tenendo conto di come la tragedia della seconda guerra mondiale e la grande portata dell'emigrazione italiana fossero fattori condizionanti il rapporto tra i due popoli. Festosa ospitalità, titola un box dedicato all'accoglienza da parte dei dirigenti della squadra locale. Quanto al tifo, come spesso succede, si tende a interpretare l'inedita realtà davanti ai propri occhi attraverso categorie interpretative maturate in Italia. Perciò, l'impianto di Braunschweig diventa un clone del San Paolo di Napoli e “gli abitanti della graziosa città che conta 240 mila abitanti” hanno trasformato lo stadio “in una specie di Fuorigrotta con fuochi d'artificio, con cartelli, con canti gioiosi”, senza peraltro mai trascendere, tanto che si sottolinea la “dignitosa compostezza” e la “festa di sport veramente indimenticabile”.
Sempre nel 1968, la Juve torna in Germania, 300 km più a Sud, a Francoforte sul Meno, ad affrontare un altro Eintracht, che ritroveremo poi anche nel 1995.