16 febbraio 2021
Dici Porto e il pensiero corre veloce al 1984, a un'altra città prima ancora che alla squadra lusitana: Basilea, sede della finale di Coppa delle Coppe, Juve in maglia gialla, Gaetano Scirea che alza il trofeo in una stagione che porta in dote anche lo scudetto, uno dei momenti emotivamente più intensi nella nostra storia.
Se invece viene in mente la cosiddetta capitale del Nord del Portogallo – poco più di 200.000 abitanti ma un'area metropolitana molto estesa – lo sguardo devia necessariamente verso occidente, verso gli Stati Uniti, coinvolti in una tragedia riassumibile in una data indimenticabile: 11 settembre 2001. Uno di quei giorni dove tutti ci ricordiamo dov'eravamo e cosa stavamo facendo.
La Juventus, per l'appunto, era a Oporto, luogo dove non era mai stata prima, in attesa di debuttare nel girone di Champions League 24 ore dopo. Una gara che sarebbe stata rinviata di un mese, non prima di avere vissuto ore lunghissime, un tempo sospeso nell'attesa di capire l'esatta portata degli eventi che si stavano verificando oltre Oceano.
Alessandro Del Piero, nella sua stanza al decimo piano dell'hotel dove alloggia la squadra, vede in tv il secondo aereo schiantarsi nelle torri del World Trade Center. Un'immagine shock, si fa fatica a pensare che quello che si sta vedendo sia vero e non un film catastrofico, di quelli ai quali Hollywood ci ha abituato. Un atto di guerra in diretta, che il 10 bianconero vive con particolare angoscia: “Non più di due mesi fa ero su quelle torri”, racconta a Hurrà Juventus. L'altoparlante piazzato in ogni stanza dell'hotel Porto Palacio annuncia che è necessario evacuare l'albergo. Tutti i giocatori e lo staff si ritrovano in strada. “Un po' di paura, lo confesso, l'ho avuta” rivela Lilian Thuram, mentre Marcelo Salas ha faticato a svegliare Mark Iuliano dal riposo pomeridiano. La squadra viene portata a Lo Estadio Das Antas, l'impianto dove il Porto ha disputato le sue partite fino al 2004.
L'allenamento di vigilia viene sostenuto in anticipo rispetto all'orario previsto. Quando si torna in hotel, l'Uefa non ha ancora preso decisioni e il turno di Champions League prende regolarmente il via, in Italia la Roma scende in campo contro il Real Madrid. Il giorno dopo, il 12 settembre, mentre la Juve si dirige nuovamente all'impianto del Porto per la tradizionale rifinitura mattutina, arriva la notizia del rinvio della partita. La dirigenza si mette subito in moto per rientrare in Italia al più presto. Dopo una lunga serie di severi controlli, la squadra si imbarca su un volo privato diretto a Torino. Tutti sono concordi: in queste condizioni non si può giocare. Per una questione di sicurezza e per il rispetto che si deve nei confronti delle migliaia di vittime.
11 ottobre 2001
Ci si rivede un mese dopo. Anche se la tensione internazionale è su livelli molto alti, il calcio ha ripreso il suo andamento normale. Un riflesso della delicatezza della situazione lo si ha nel viaggio: il volo che porta la squadra in Portogallo è costretto a cambiare rotta all'improvviso per non imbattersi nelle esercitazioni dei caccia francesi in allerta per l'Afghanistan.
Siamo già alla terza gara del girone. La Juve ha affrontato il Celtic in casa e il Rosenborg in Norvegia, ricavandone una vittoria e un pareggio. In terra lusitana la Signora prende un altro punto, frutto di uno uno 0-0 che mette in evidenza un super Buffon (alle sue prime prove in bianconero, vissute come test d'affidabilità che lui supera alla sua maniera). Tre gli interventi salva-risultato di Gigi: sull'attaccante Renivaldo Pena; su Deco (il cui talento esploderà da lì a poco e che in quell'edizione di Champions League metterà a segno 6 reti, il massimo della sua carriera); infine, nella ripresa, si fa trovare pronto anche su una conclusione di Helder Postiga. Un particolare che rende la partita degna di ricordo, ben al di là del suo significato nella classifica – la Juve si qualificherà alla fase successiva senza problemi – è che quella di Porto (l'unica mai giocata in quella città) è la gara numero 300 nelle coppe europee.