21 ottobre 2014
Sul volo che porterà la Juventus ad Atene ci sarà anche il giovane Emil Audero, portiere paratutto della Primavera che mercoledì è impegnata in Youth League proprio contro la squadra del Pireo, l’Olympiacos.
Uno dei veterani della selezione giovanile bianconera, il guardiano dei pali classe ’97 è già alla sua seconda competizione continentale, ma può vantare nel curriculum anche l’esperienza oltreoceano con la Prima Squadra in occasione dello #JuveTour che ha portato la Signora in Indonesia, Australia e Singapore quest’estate.
Una emozione doppia per lui, nato da madre italiana e padre indonesiano proprio in Indonesia, per la precisione a Mataram, una delle città principali dell’isola di Lombok (vicino alla nota Bali).
«Il tour è stato un mix di due diverse sensazioni forti: tornare nel paese natale, in cui ho vissuto per un po’, e per di più con la Prima Squadra. Sono ritornato con la serenità d iaver fatto una cosa bellissima, ovvero essere con la Juventus: è stata un’emozione stupenda. Non me lo sarei mai aspettato»
Ma prima di lasciarsi andare ai ricordi estivi, c’è una partita alle porte che sarà fondamentale sia per il cammino nel proprio girone, sia per valutare il grado di maturità internazionale della squadra. Quindi è giusto concentrarsi su di essa prima di affrontare altri argomenti.
«Contro l’Olympiacos sarà una partita decisiva e importante: abbiamo gli stessi punti, e ci troviamo a giocare due partite di seguito con loro. Dobbiamo fare punti, se no rischiamo di trovarci in una brutta situazione, e i giochi saranno già fatti. Sicuramente faremo bene e daremo il massimo», ha detto il portiere analizzando la sfida di domani.
«Quest’anno siamo partiti bene contro il Malmoe. A Madrid abbiamo perso ma abbiamo un po’ buttato via la partita. E’ stato un incontro molto simile a quello della Prima Squadra: era forse da 0-0, ma abbiamo preso un gol abbastanza evitabile. Di sicuro al ritorno possiamo rifarci», ha quindi aggiunto ripensando alle ultime due partite di Youth League. «Magari gli spagnoli hanno proprietà di palleggio maggiori, ma possiamo giocarcela».
Che emozione è stata per te l’esordio nella competizione continentale l’anno scorso?
«L’anno scorso la Youth League è stata una delle cose più belle: un’esperienza totalmente nuova per tutti. La cosa bella è stare a contatto con la Prima Squadra, prendere l’aereo con loro e, in ambito europeo, confrontarsi con squadre di tutta Europa che hanno una cultura diversa dalla tua. Tutto ciò è molto importante, ti fa capire a che livello sei. Sicuramente è stata un’esperienza che mi ha fatto crescere».
Tornando indietro nel tempo: con la Prima Squadra poi hai avuto modo di condividere anche un altro viaggio, quest’estate… Quale il ricordo più bello dello #JuveTour?
«Di sicuro lo stare lì in compagnia di questi grandi giocatori che vedi solo da qualche centinaio di metri a Vinovo, o addirittura in televisione: d’un tratto diventano i tuoi compagni di spogliatoio. Allora capisci che anche loro sono ragazzi come tutti gli altri, persone normalissime. E mi hanno fatto sentire subito uno del gruppo».
Per te tornare in Indonesia ha assunto sicuramente una valenza particolare. Come si vive laggiù il tifo per la Signora, e il calcio in generale?
«Mio padre vive lì e mi aveva già detto che i tifosi sono tantissimi. ‘Qui ti conoscono già’, mi aveva avvertito, ma finchè non l’ho visto con i miei occhi non ci volevo credere. Una volta arrivati lì abbiamo ricevuto un’accoglienza pazzesca: centinaia, migliaia di tifosi a sostenerci in perfetto italiano, non li facevo così caldi. Il calcio lì non ha raggiunto livelli avanzati a livello giocato, mentre sono molte le persone a seguirlo: sia la Serie A, che quello inglese e spagnolo. La tecnologia in Indonesia è avanzatissima: in tanti hanno l’ultimo modello di telefonino e sono aggiornati su quasi tutto»
Raccontaci dei tuoi primi passi col pallone… fuori dai pali. Inizialmente giocavi lì davanti, in attacco.
«Sì, come esterno! Sono diventato portiere un po’ per caso, come spesso succede quando nella squadra del paese (Cumiana, vicino Torino n.d.r.) ne manca uno. Mi è piaciuto come ruolo, e da allora ho continuato a coltivarlo con piacere. Essendo tifoso della Juve avevo come riferimento Buffon, e vederlo dopo il Mondiale del 2006 mi ha esaltato ancora di più. Quando facevo la prima media ho iniziato a giocare alla Juve, questo è già il settimo anno. Partire dagli esordienti e arrivare in Primavera già sembrava un percorso lunghissimo, anche se non ho mai pensato di non farcela. Mi sono sforzato di pensare di anno in anno, cercando di essere riconfermato al termine di ogni annata – soprattutto da piccoli, quando la scrematura è maggiore. Arrivato ai Giovanissimi Nazionali, e quindi alla prima convocazione in Nazionale, ho iniziato a capire che facendo bene potevo arrivare ad alti livelli».
Com’è invece l’Emil Audero fuori da Vinovo?
«Per arrivare in Primavera sia io che la mia famiglia abbiamo fatto e facciamo tanti sacrifici, ovviamente. Studio qui al JCollege e abito ancora a casa: i miei mi devono portare qui per gli allenamenti, non ho ancora la macchina. Al mattino vado a scuola, poi allenamento, torno a casa e sono stanco, quindi vado a riposarmi. Mi rilasso un po’ la domenica, dopo la partita del sabato»
Qual è stata l’emozione più grande alla Juventus finora? «Di sicuro la prima volta che mi sono allenato con la prima squadra. E’ un ricordo molto forte e molto bello, perché fino a quel momento avevo visto quei campioni solo da lontano, allo stadio e in tv. E’ stato un bel regalo di natale, diciamo, ormai due anni fa…e poi quando sono lì con loro sono più emozionato e concentrato che mai»
Cosa vedi nel tuo prossimo futuro? «Quest’anno come squadra siamo migliorati rispetto all’anno scorso, dal punto di vista del potenziale collettivo - possiamo fare di più – ma anche a livello personale. Spero di far bene quest’anno, poi le decisioni verranno prese in accordo con la società e la famiglia.».
Cosa impari da Storari, Buffon e Rubinho? «Stare con loro è bello, impari e capisci tante cose che dalla tv non riesci a percepire: da come si atteggiano in allenamento al puro gesto tecnico. Quando lo fai col compagno della primavera quasi non gli dai tanta importanza, mentre se lo vedi compiere a loro inizi a percepire come, ad esempio, mettere il piede, attaccare la palla, gettarsi in tuffo per una parata… Da quanto ho messo i guanti Buffon è il mio mito: magari dietro le cose che mi vengono bene c’è anche un po’ di imitazione».